The Umbrella Academy

Malgrado alcune cadute di ritmo imperdonabili, specie nei primissimi episodi, nonché una fastidiosa tendenza a rimandare le spiegazioni solo per creare i classici cliffhanger necessari ad ogni fiction televisiva per il mantenimento della sua audience tra una puntata, The Umbrella Academy di Netflix è forse ad oggi la miglior serie supereroistica di sempre.

In qualche strano modo, è come se tutti gli autori, dalla strana coppia Gerard Way e Gabriel Bá (autori della prima serie a fumetti pubblicata dalla Dark Horse), fino al bravissimo sceneggiatore Steve Blackman avessero preso tutti gli stili usati in decenni di televisione sui supereroi (non scordiamoci che Blackman si è fatto le ossa con procedural come Bones per poi sbocciare in alcuni script per Fargo, Legion ed Altered Carbon!) ed avessero voluto creare non solo la serie super e weird definitiva, ma che soprattutto essa fosse consapevole di esserlo: ci sono continui momenti meta-televisivi eleganti e sussurrati, con citazioni ed ironie a tutto spiano, come anche un cinismo da black humour molto british presente in ogni momento che rischiava di essere troppo melenso.

Una fiction che è certamente sfacciatamente cool (quel tanto modaiola da ricevere la targa di prodotto originale Netflix) ma anche perfetto antidoto ai deliri teen in stile Riverdale, serie contemporanea dove invece alberga il fascino instagrammato delle Barbie Girl demoniache: nello specifico, possiamo serenamente affermare che se la fiction creata da Roberto Aguirre-Sacasa gioca con i cliché in modo glamour, quella scritta da Blackman gioca a rompere il glamour tradizionale per diventare “stilosa” in modo differente ed alternativo.

Vedremo gli sviluppi, ma per ora questa prima stagione si mangia le altre serie di genere in un sol boccone!